14 aprile 2023

Casa Rifugio Luna Diamante - Orientamento psico-pedagogico-sociale

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L’approccio psico-pedagogico-sociale della Casa Rifugio “Luna Diamante” si basa su principi teorici e metodologici che sono il frutto sia di un dialogo interdisciplinare tra i membri dell’equipe, sia dell’esperienza diretta con donne vittima di violenza. La multidisciplinarietà dell’equipe (psicologi/psicoterapeuti, pedagogista, educatrici) e l’osservazione costante delle modalità relazionali sono le due coordinate principali che orientano il lavoro di accoglienza, di sostegno e di empowerment offerto alle donne accolte.

La multidisciplinarietà e la buona organizzazione dell’equipe, basate sul confronto e sul dialogo attraverso riunioni periodiche, consentono di creare un modello comportamentale positivo in cui la donna può identificarsi per trovare soluzioni concrete alla gestione della vita quotidiana e iniziare ad elaborare i vissuti più dolorosi. Questa caratteristica dell’equipe è importante anche perché stimola il pensiero di gruppo e il desiderio di sperimentarsi in soluzioni innovative e sempre più adatte alle peculiarità di ogni ospite. Un’altra peculiarità del gruppo di lavoro è la fiducia, la libertà e il sostegno reciproco che si crea tra le operatrici e tra le donne: le modalità relazionale e organizzative non sono rigide e restrittive, ma fondate sul rafforzamento dell’autodeterminazione delle donne accolte. Per esempio, i rapporti delle donne con l’esterno non sono preventivamente vietati, ma concessi in base alla fiducia, al patto sulla privacy, alle regole della Casa Rifugio e, in casi specifici, grazie anche alla mediazione o all’intervento diretto delle operatrici.

L’osservazione collegiale dei comportamenti e delle modalità relazionali è lo strumento attraverso cui l’equipe fornisce un progetto personalizzato di presa in carico e di cura per ogni donna. È necessario osservare tutte le aree di vita e di funzionamento delle donne per fornire un giusto orientamento e individuare i punti forza.

Si analizzano:

  • l’orientamento personale al cambiamento (È pronta ad instaurare un “patto” con l’equipe per iniziare a comprendere e cambiare ciò che le è successo?);
  • le relazioni significative esistenti (Amici, amiche, familiari, figli/e sono un aiuto o un ostacolo?);
  • la consapevolezza del tratto psicologico della co-dipendenza (Ha le risorse necessarie per comprendere come ha contribuito alla costruzione di una relazione dannosa?);
  • le motivazioni personali e lavorative (È abbastanza motivata nella ricerca di nuovi stimoli lavorativi e interpersonali?);
  • l’empowerment (Quanto la donna è consapevole di sé, delle proprie risorse e capacità decisionali?).

Le modalità operative utilizzate sono:

  1. Analisi del caso familiare (I mese). Viene raccolta la storia personale della donna, delle sue relazioni e della sua famiglia per dare un sostegno immediato nelle aree psicologiche e sociali più danneggiate e per iniziare, lentamente, a comprendere le dinamiche che l’hanno portata ad essere vittima di violenza. In questa fase, è fondamentale la sospensione del giudizio verso le problematiche e i comportamenti delle ospiti in modo tale da offrirgli uno spazio fisico e mentale alimentato dalla fiducia e dalla sicurezza.
  2. Definizione obiettivi e strategie (II mese). Il contatto quotidiano con la donna, la maggiore conoscenza del suo funzionamento psicologico permettono all’equipe di stabilire, anche insieme alle ospiti, gli obiettivi di crescita (ad es., maggiore autonomia economica…) e le strategie per raggiungerli (ad es., formazione professionale…). La programmazione degli obiettivi e delle strategie viene costruita anche in base ai rapporti con il territorio (collaborazioni, eventi, convenzioni…), entrando in contatto con altre associazioni o enti privati che possono essere un ulteriore opportunità di crescita lavorativa e personale per le donne accolte.
  3. Monitoraggio e riprogettazione obiettivi (ogni mese). L’equipe, grazie alle riunioni di coordinamento e di supervisione, si confronta sul raggiungimento degli obiettivi preposti, su eventuali criticità e sulla necessità di riformulare o stabilire nuovi obiettivi per favorire il percorso della donna. Le riunioni periodiche danno anche la possibilità di monitorare e modificare il modo in cui le operatrici si relazionano alle donne accolte e gestiscono le loro problematiche quotidiane.
  4. Preparazione all’autonomia (gradualmente dal I mese fino alle dimissioni). I vari tipi di sostegno offerti (psicologico, legale, pedagogico) e il graduale inserimento lavorativo e sociale consentono alla donna di riappropriarsi della propria autonomia emotiva, relazionale ed economica. In questo percorso, è centrale il lavoro psicoterapeutico e psicoeducativo sulla dipendenza relazionale affinché la donna posso riacquistare la capacità di costruire e mantenere relazioni significative durature. Inoltre, la presenza di una rete territoriale solida può facilitare la pianificazione dei progetti futuri delle donne e l’integrazione lavorativa e sociale dopo le dimissioni.

L’approccio utilizzato dall’equipe tiene insieme differenti prospettive teoriche in maniera tale da poter offrire un supporto specifico per la comprensione e il cambiamento delle dinamiche familiari, degli stili di attaccamento e del funzionamento comportamentale, cognitivo ed affettivo delle donne accolte.

La prospettiva cognitivo-comportamentale è una forma di intervento attiva, strutturata e centrata sul problema che ha l’obiettivo cambiare i difetti nelle attività di processamento delle informazioni coinvolti nello sviluppo della dipendenza relazionale patologica. Le credenze o assunzioni cognitive disadattive possono essere la fonte di pensieri, cognizioni e comportamenti distorti che alimentano la dipendenza da un partener abusante. La relazione con l’operatrice/terapeuta e con l’intera equipe può essere l’occasione per un’analisi logica e una “verifica empirica” delle credenze distorte che, in questo modo, possono essere riallineate e rese più funzionali.

La prospettiva costruttivista, direttamente legata alla teoria cognitivo-comportamentale, attribuisce molta importanza ai significati personali che si sono strutturati nella storia personale della donna. La co-dipendenza patologica si potrebbe spiegare, attraverso la storia di quella specifica donna, con il fatto che per lei scegliere di troncare una relazione è intollerabile perché è il significato soggettivo radicato nella sua esperienza privata. In quest’ottica, il periodo di accoglienza nella Casa Rifugio diviene il momento in cui la donna può riattivare la capacità della mente di costruire la propria conoscenza del mondo attraverso l’attribuzione di significati, di atti emotivi non puramente razionali o imposti dall’esterno.

La prospettiva sistemico-relazionale dona particolare attenzione al funzionamento e al benessere della famiglia e dei contesti sociali, elementi centrali nella concezione evolutiva e multisistemica delle problematiche umane e dei processi di cambiamento. Quest’approccio valuta accuratamente le

relazioni tra gli individui di un determinato nucleo familiare e sociale cercando di individuare sia i pattern interattivi ripetitivi e disfunzionali che possono essere fonte di disagio psichico, sia i punti di forza che contraddistinguono la famiglia. La co-costruzione di modalità nuove per fronteggiare i problemi esistenti risulta particolarmente utile nel lavoro con donne vittime di violenza.

La teoria dell’attaccamento, formulata da John Bowlby tra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento, integra modelli di diverse discipline come la psicoanalisi, l’etologia, la psicologia piagetiana e cognitiva e la biologia evoluzionistica. Ipotizza l’esistenza, dedotta da situazioni osservative prefissate, di quattro sistemi o tipi di attaccamento (sicuro, evitante, ambivalente/resistente, disorganizzato/disorientato) che influenzano e regolano il comportamento, le relazioni e le emozioni del bambino e dell’adulto. Osservare, conoscere e lavorare sul tipo di attaccamento delle donne vittime di violenza può essere utile per comprendere la disponibilità ad impegnarsi nel percorso di cura e di inserimento sociale; infatti, numerose ricerche hanno mostrato che le persone con un tipo di attaccamento evitante tendono a negare il bisogno di aiuto, mentre quelle con un attaccamento sicuro si sentono più motivati a impegnarsi nel processo terapeutico.

I principali servizi offerti sono:

  • Supporto psicologico: l’integrazione di più prospettive teorico-cliniche permette di offrire un intervento di tipo supportivo e focalizzato sulle difficoltà emotiva ed esistenziali delle donne. Per tutta la sua permanenza la donna può accedere a colloqui individuali periodici in maniera tale da poter iniziare ad elaborare e comprendere le dinamiche psicologiche che per lei sono fonte di sofferenza. Il sostegno psicologico è, inoltre, volto a recuperare e strutturare la decisionalità delle donne, necessaria ad allontanarsi dalla dipendenza e da circoli relazionali dannosi.
  • Sostegno legale: le donne accolte vengono seguite e supportate in tutti gli iter burocratici necessari all’affermazione della loro autonomia economica e sociale. Questo sostegno è volto a ottenere in maniera chiara e corretta tutti i documenti necessari in sede processuale per rendere il percorso legale, di solito lungo e complicato, più semplice e lineare.
  • Sostegno pedagogico: la presenza di un pedagogista esperto permette all’equipe di offrire alle donne un supporto diretto nella cura dell’ambiente familiare e dei figli/e. L’obiettivo è attingere alle risorse e alle responsabilità educative delle donne per accompagnarle nel percorso di crescita personale e nel loro ruolo genitoriale.
  • Inserimento lavorativo e sociale: l’orientamento al lavoro, il potenziamento degli interessi e delle competenze di ogni donna accolta, insieme ai costanti rapporti con le diverse realtà territoriali permettono di rafforzare la motivazione professionale e le modalità di ricerca di un lavoro.

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