22 dicembre 2020

Dipendenze patologiche

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Nonostante il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM-5 continui a proporre una nozione di “dipendenza” riferita principalmente all’assunzione di sostanze psicotrope, questa viene sempre più utilizzata anche nell’inquadramento di particolari entità sindromiche derivanti dallo sviluppo di comportamenti di assuefazione in assenza di qualsiasi sostanza.

Le nuove scienze neurologiche propongono una teoria unitaria della dipendenza, per cui le dipendenze comportamentali e le dipendenze da sostanze sono considerate globalmente. Molti autori stanno cominciando a considerare le “dipendenze da sostanze” (ad esempio da alcol) e le “dipendenze comportamentali” (ad esempio il gioco di azzardo patologico) come manifestazioni cliniche con diverse analogie tra loro e trattabili secondo approcci similari. Per questo si preferisce parlare di “dipendenza patologica”.

Le “nuove dipendenze”, o “dipendenze senza sostanza”, si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti anomali: tra esse possiamo annoverare il gioco d’azzardo patologico, lo shopping compulsivo, la “new technologies addiction” (dipendenza da TV, internet, social network, videogiochi…), la dipendenza dal lavoro (workaholism), da sesso (sex-addiction) e dalle relazioni affettive, e alcune devianze del comportamento alimentare come l’ortoressia o dell’allenamento sportivo come la sindrome da overtraining.

Sia le classiche dipendenze da sostanze che le dipendenze comportamentali presentano numerosi elementi in comune:

  • Inizialmente vengono ricercate per il piacere e il sollievo che ne derivano: è la fase della “luna di miele”, durante la quale è anche quasi sempre presente la negazione del problema;
  • La sostanza (o il comportamento) domina costantemente il pensiero: vi è l’impossibilità di resistere all’impulso di assumerla (o di eseguire il comportamento), vissuta con modalità compulsiva;
  • Presenza del craving: desiderio crescente o stato di tensione che precede l’assunzione della sostanza (o la messa in atto del comportamento);
  • Presenza di instabilità dell’umore: inizialmente precedente l’assunzione della sostanza (o del comportamento), successivamente sempre più generalizzata;
  • Presenza di tolleranza, ovvero progressiva necessità di incrementare la quantità di sostanza (o di tempo dedicato al comportamento) per ottenere l’effetto piacevole;
  • Presenza di una crescente sensazione di perdita del controllo sull’assunzione della sostanza (o sull’esecuzione del comportamento);
  • Presenza di un profondo disagio psichico e fisico quando s’interrompe o si riduce l’assunzione della sostanza (o il periodo dedicato al comportamento);
  • L’uso della sostanza (o l’esecuzione del comportamento) continuano nonostante le progressive e sempre più gravi ricadute sul funzionamento personale e interpersonale (sfera lavorativa, affettiva, amicale, personale…);
  • Frequente tendenza a riavvicinarsi alla sostanza (o al comportamento) dopo un periodo di interruzione (fenomeno della ricaduta);
  • Elevata frequenza dell’assunzione di più sostanze (o dell’esecuzione di più comportamenti), nonché di passaggio da una dipendenza a un’altra;
  • La somiglianza dei principali fattori di rischio: impulsività, capacità metacognitive disarmoniche, inadeguato ambiente genitoriale.

DIPENDENZE DA SOSTANZE

Il Disturbo da Dipendenza da Sostanze è un disturbo in forte espansione a causa delle caratteristiche sociali, ambientali e culturali che sono proprie della nostra società. La dipendenza da sostanze tende sempre più a presentarsi sotto forma di “poli-abuso”, con dipendenza da molteplici sostanze oppure ad associarsi a forme comportamentali di dipendenza come il gioco d’azzardo, il gioco on-line patologico, la dipendenza da cibo.

Con il termine di “tossicodipendenza” l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce una “malattia ad andamento cronico e recidivante che spinge l’individuo, in maniera coatta, ad assumere sostanze a dosi crescenti o costanti per avere temporanei effetti benefici soggettivi, la cui persistenza è indissolubilmente legata alla continua assunzione della sostanza”.

Il DSM 5 pone le seguenti condizioni per la diagnosi di un Disturbo da Uso di Sostanze:

  1. Tolleranza: fenomeno per il quale è necessario intensificare il comportamento di uso (ad esempio aumentando la quantità di droga da usare o la frequenza delle assunzioni) per raggiungere i medesimi effetti sull’organismo.
  2. Astinenza: essa si caratterizza per la presenza di sintomi emotivi o fisici che si manifestano quando il soggetto non può mettere in atto il comportamento di assunzione.
  3. Interruzione o riduzione delle attività sociali, lavorative o ricreative: l’uso di droghe e l’instaurarsi del disturbo provocano una serie di danni sul funzionamento della persona che fa uso (conflitti con le persone affettivamente importanti, problematiche lavorative, influenze sulla considerazione di sé, etc…) che aumentano per intensità, ledendo progressivamente il paziente.
  4. Tentativi infruttuosi di ridurre e controllare l’uso: è frequente che il paziente, prima di chiedere formalmente aiuto allo psicologo o ai servizi, abbia tentato da solo di ridurre l’uso o di “controllarlo”. Generalmente si osserva una fase in cui il paziente è fermamente convinto di poter da solo limitare le proprie condotte realizzando una modalità d’uso conciliabile (ma solo idealmente) con il resto della sua vita, dei suoi impegni e dei suoi doveri.
  5. Dispendio di tempo: quando il disturbo si instaura, o va instaurandosi, un criterio da guardare è quello del tempo che il paziente dedica alla ricerca, all’utilizzo o al riprendersi dagli effetti della sostanza. Tanto più la dipendenza è conclamata tanto maggiore sarà il tempo che alla sostanza è dedicato nel corso di una giornata, fino a divenire l’unica attività presente, nei casi più gravi.
  6. Perdita di controllo sull’uso: il comportamento patologico di uso della sostanza tende a verificarsi nonostante le conseguenze negative che ha evidentemente apportato nel corso del tempo e nonostante le consapevolezze della persona al riguardo (il comportamento di uso diviene “compulsivo”).
  7. Uso continuativo nonostante la consapevolezza che la droga rappresenti un problema: molti pazienti non si fermano nemmeno a fronte dell’insorgere di gravi rischi per la salute oppure davanti a nette crisi familiari.
  8. Uso ricorrente con incapacità ad adempiere i propri compiti: molti pazienti perdono il loro lavoro a causa delle assunzioni di droga, interrompono il corso degli studi, oppure divengono incapaci ad assolvere i loro compiti familiari o genitoriali.
  9. Uso in situazioni a rischio: nel corso del tempo la capacità di stimare il rischio associato alle assunzioni si riduce progressivamente, divenendo le assunzioni compulsive può accadere di sentirsi “costretti” a fare uso nonostante ci si debba mettere alla guida o si debbano svolgere compiti di precisione che non possono essere “razionalmente” conciliabili con lo stato di alterazione dato dalle sostanze.
  10. Uso ricorrente nonostante ciò determini problemi sociali o interpersonali: come precedentemente affermato l’uso di droga diviene saliente, anche a discapito delle proprie relazioni affettive.
  11. Craving: desiderio impellente della sostanza.

Le più comuni dipendenze da sostanze:

  • Dipendenza da eroina
  • Dipendenza da cocaina
  • Dipendenza da alcol
  • Dipendenza da allucinogeni
  • Dipendenza da cannabis
  • Dipendenza da caffeina e energy drink

DIPENDENZE COMPORTAMENTALI

Il concetto di dipendenze comportamentali è un concetto nuovo nella psichiatria.

I nuovi sviluppi delle scienze neurologiche sostengono una teoria neurobiologica unitaria che considera analogamente le dipendenze da sostanze e quelle comportamentali.

Si può valutare una dipendenza comportamentale sulla base di sei criteri:

  1. preminenza (il comportamento tende ad assumere la maggiore rilevanza nella vita della persona, a discapito di altri pensieri, sentimenti e azioni);
  2. influenza sul tono dell’umore (conseguenze emotive del comportamento di dipendenza);
  3. tolleranza (intensificarsi del comportamento per indurre effetti di sufficiente intensità);
  4. sintomi da astinenza (stati d’animo o conseguenze fisiche spiacevoli, conseguenti dalla messa in atto del comportamento);
  5. conflitto (conflitti interpersonali derivanti dalla dipendenza instauratasi o incompatibilità con altri compiti o attività personali);
  6. recidiva (presenza di ricadute plurime nel disturbo dopo fasi di sospensione).

Un aspetto peculiare delle dipendenze comportamentali è che esse coinvolgono pulsioni “normali” (come sesso, cibo, amore, denaro…) che divengono però patologiche nella misura in cui raggiungono un certo livello di eccesso e di pericolosità per la persona.

Il carattere distintivo della dipendenza comportamentale resta sempre e comunque l’incapacità dell’individuo di mitigare il comportamento nonostante le conseguenze negative che osserva nel suo funzionamento quotidiano.

I comportamenti e i processi legati alla dipendenza comportamentale sono volti a dare piacere, rappresentano spesso una via di uscita dalla sofferenza emotiva o fisica e sono caratterizzati dalla incapacità a controllare la messa in atto del comportamento e l’insorgere di importanti conseguenze negative per la vita della persona.

Le più comuni dipendenze comportamentali:

  • Dipendenza da gioco
  • Dipendenza da internet
  • Dipendenza da videogiochi
  • Dipendenza da social network
  • Dipendenza da cellulare (smartphone)
  • Dipendenza da shopping (shopping compulsivo)
  • Dipendenza sessuale
  • Dipendenza da porno
  • Dipendenza da serie TV
  • Dipendenza affettiva
  • Dipendenza da lavoro
  • Dipendenza da esercizio fisico

La Terapia Cognitivo Comportamentale è il trattamento più indicato nelle dipendenze comportamentali, ed è utile anche nelle dipendenze da sostanze.

La chiave di questa efficacia risiede nell’attenzione che tale approccio pone sullo sviluppo del senso di auto-efficacia del paziente rispetto alla propria patologia, sull’impiego di una terapia psico-farmacologica di appoggio, sul potenziamento delle abilità di coping (ovvero abilità di fronteggia mento dello stress), che riducono progressivamente le aspettative positive che il paziente ripone nel comportamento di dipendenza e sulla collaborazione che si instaura tra paziente e terapeuta nella risoluzione del problema.

(Fonte: http://www.paololandipsicologo.it/2020/12/20/dipendenze-patologiche/ )

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